venerdì 27 maggio 2016

Il Verismo di Giovanni Verga e “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni


Nel secondo Ottocento, il terreno su cui la letteratura italiana s’impegna maggiormente e più compiutamente, è quello della narrativa, che, accostandosi in modo diretto alla vita quotidiana, opera un’attenta ricostruzione di ambienti, personaggi, situazioni e conflitti, così da fornire un’efficace immagine del mondo contemporaneo.
Il nuovo metodo rigorosamente realistico si basa sui fatti, su un’analisi delle condizioni ambientali e psicologiche che agiscono sui personaggi, e rifiuta ogni ingerenza del narratore nelle vicende narrate (è questo il cosiddetto “criterio del’’impersonalità dell’opera d’arte”).
Si mira infatti ad una narrazione oggettiva, che riproduca in modo esatto, e con un controllo quasi scientifico, le circostanze, come esse si presentano in veste spregiudicata e libera da suggestioni deformanti, di tipo ideale o sentimentale.
La grande diffusione di una letteratura di tipo realistico, portò ad un uso molto insistente del concetto di “VERO”, determinando, di conseguenza, l’adozione del termine “VERISMO” che, negli anni 1860 e 1870, assunse una propria specificità, autonomia rispetto al contemporaneo “NATURALISMO” francese, ispirato a Zola, Flaubert, Maupassant.
Il metodo verista venne elaborato, con i più alti e più coerenti risultati, da alcuni scrittori siciliani (per lo più provenienti dall’area geografica di Catania), primo fra i quali Giovanni Verga, a buon diritto considerato l’iniziatore del movimento verista italiano.
Nato a Catania (o, secondo altri, a Vizzini) il 2 settembre 1840, da famiglia di piccola nobiltà agraria e di orientamento antiborbonico, si sentì subito attratto da una forte vocazione letteraria, che la famiglia non ostacolò. La sua vocazione di scrittore prende avvio dall’iniziale ricerca di un “centro”, al di fuori dell’originario mondo siciliano.
Ma proprio il contatto con le più vitali città del nuovo Stato unitario italiano (quali Firenze e Milano) determina ben presto in lui la riscoperta delle radici “provinciali”, una spinta verso il recupero della realtà siciliana, per dar voce a quel mondo rimasto per tanto tempo fuori dal “divenire” nazionale, e dominato da leggi dure e immutabili.
La “conversione” al verismo nasce, per Verga, con la pubblicazione della novella “NEDDA” (1874), seguita dalle novelle “VITA NEI CAMPI”(1880) e “NOVELLE RUSTICANE” (1882), cui si accompagna anche la pubblicazione de “I MALAVOGLIA”, primo romanzo del progettato “CICLO DEI VINTI” (1881).
Il mondo contadino siciliano diviene così incontrastato protagonista, ben ancorato ai suoi valori arcaici ed immobili, popolato di personaggi dominati da passioni elementari e originarie. Questo mondo appare governato, al pari dell’antico mondo eschileo, da una “fatale necessità”, mentre la campagna siciliana si rivela, a sua volta, attraverso i suoi ritmi inesorabilmente uguali, che scandiscono la miseria e il lavoro più ingrato, attraverso l’inospitalità della natura, la violenza reciproca tra gli uomini, l’egoismo individuale, a sua volta motivato da immutabili gerarchie sociali e tradizioni secolarmente consacrate ed inamovibili.
Per rappresentare questo mondo, Verga si basa su una rigorosa documentazione, su dati concrete (e da lui stesso raccolti) sulla vita dei pescatori e dei contadini dell’isola, su usi, tradizioni, proverbi e modi linguistici del popolo siciliano.

Della raccolta “VITA DEI CAMPI” fa parte la novella “CAVALLERIA RUSTICANA”, alla quale toccò in sorte un eccezionale successo, soprattutto nella versione musicata, nel 1889, dal livornese PIETRO MASCAGNI (1863- 1945), musicista che il successo di “CAVALLERIA RUSTICANA” sottrasse alla modesta condizione di maestro di provincia.
Quest’opera in un solo atto (su libretto di Giovanni Targioni- Tozzetti e di Guido Menasci, anch’essi livornesi) fu rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma, il 17 maggio 1890, nella superba interpretazione del palermitano Roberto Stagno e di Gemma Bellincioni, e sotto la direzione del napoletano Leopoldo Mugnone. Essa è ambientata, alla fine del XIX secolo, in un piccolo paese della Sicilia, e fu presto assunta come manifesto del “Verismo” musicale. Fruttò a Mascagni il primo premio in un concorso bandito dall’editore EDOARDO SONZOGNO, e conquisto di colpo fama internazionale.
Il successo del melodramma mascagnano, sintesi mirabile di impeto drammatico e carica melodica, che si effonde nelle bellissime romanze e nel celebre “Intermezzo”, indusse Verga ad una lunga azione legale contro il musicista e l’editore Sonzogno, al fine di rivendicare i propri diritti economici. Al termine della vertenza, egli incasso la considerevole somma di 143.000 lire!
Nell’ultimo ventennio della sua vita, lo scrittore si ritirò definitivamente a Catania e, nella sua villa di ricco possidente a riposo, ridusse sempre più l’attività letteraria.
Visse l’inizio del nuovo secolo appartato, chiuso in una tetraggine di conservatore, restio ad ogni novità della vita sociale,, ossessivamente preoccupato dell’amministrazione del proprio patrimonio, spesso tormentato da risentimenti personali e da cattivi umori.
Fu nominato senatore nel 1920.Colpito poco dopo da trombosi cerebrale, morì a Catania il 27 gennaio 1922.

Wanda Gianfalla Anselmi
Pescara Maggio 2016


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