Nel secondo Ottocento, il terreno su
cui la letteratura italiana s’impegna maggiormente e più
compiutamente, è quello della narrativa, che, accostandosi in modo
diretto alla vita quotidiana, opera un’attenta ricostruzione di
ambienti, personaggi, situazioni e conflitti, così da fornire
un’efficace immagine del mondo contemporaneo.
Il nuovo metodo rigorosamente
realistico si basa sui fatti, su un’analisi delle condizioni
ambientali e psicologiche che agiscono sui personaggi, e rifiuta ogni
ingerenza del narratore nelle vicende narrate (è questo il
cosiddetto “criterio del’’impersonalità dell’opera d’arte”).
Si mira infatti ad una narrazione
oggettiva, che riproduca in modo esatto, e con un controllo quasi
scientifico, le circostanze, come esse si presentano in veste
spregiudicata e libera da suggestioni deformanti, di tipo ideale o
sentimentale.
La grande diffusione di una letteratura
di tipo realistico, portò ad un uso molto insistente del concetto di
“VERO”, determinando, di conseguenza, l’adozione del termine
“VERISMO” che, negli anni 1860 e 1870, assunse una propria
specificità, autonomia rispetto al contemporaneo “NATURALISMO”
francese, ispirato a Zola, Flaubert, Maupassant.
Il metodo verista venne elaborato, con
i più alti e più coerenti risultati, da alcuni scrittori siciliani
(per lo più provenienti dall’area geografica di Catania), primo
fra i quali Giovanni Verga, a buon diritto considerato l’iniziatore
del movimento verista italiano.
Nato a Catania (o, secondo altri, a
Vizzini) il 2 settembre 1840, da famiglia di piccola nobiltà agraria
e di orientamento antiborbonico, si sentì subito attratto da una
forte vocazione letteraria, che la famiglia non ostacolò. La sua
vocazione di scrittore prende avvio dall’iniziale ricerca di un
“centro”, al di fuori dell’originario mondo siciliano.
Ma proprio il contatto con le più
vitali città del nuovo Stato unitario italiano (quali Firenze e
Milano) determina ben presto in lui la riscoperta delle radici
“provinciali”, una spinta verso il recupero della realtà
siciliana, per dar voce a quel mondo rimasto per tanto tempo fuori
dal “divenire” nazionale, e dominato da leggi dure e immutabili.
La “conversione” al verismo nasce,
per Verga, con la pubblicazione della novella “NEDDA” (1874),
seguita dalle novelle “VITA NEI CAMPI”(1880) e “NOVELLE
RUSTICANE” (1882), cui si accompagna anche la pubblicazione de “I
MALAVOGLIA”, primo romanzo del progettato “CICLO DEI VINTI”
(1881).
Il mondo contadino siciliano diviene
così incontrastato protagonista, ben ancorato ai suoi valori arcaici
ed immobili, popolato di personaggi dominati da passioni elementari e
originarie. Questo mondo appare governato, al pari dell’antico
mondo eschileo, da una “fatale necessità”, mentre la campagna
siciliana si rivela, a sua volta, attraverso i suoi ritmi
inesorabilmente uguali, che scandiscono la miseria e il lavoro più
ingrato, attraverso l’inospitalità della natura, la violenza
reciproca tra gli uomini, l’egoismo individuale, a sua volta
motivato da immutabili gerarchie sociali e tradizioni secolarmente
consacrate ed inamovibili.
Per rappresentare questo mondo, Verga
si basa su una rigorosa documentazione, su dati concrete (e da lui
stesso raccolti) sulla vita dei pescatori e dei contadini dell’isola,
su usi, tradizioni, proverbi e modi linguistici del popolo siciliano.
Della raccolta “VITA DEI CAMPI” fa
parte la novella “CAVALLERIA RUSTICANA”, alla quale toccò in
sorte un eccezionale successo, soprattutto nella versione musicata,
nel 1889, dal livornese PIETRO MASCAGNI (1863- 1945), musicista che
il successo di “CAVALLERIA RUSTICANA” sottrasse alla modesta
condizione di maestro di provincia.
Quest’opera in un solo atto (su
libretto di Giovanni Targioni- Tozzetti e di Guido Menasci, anch’essi
livornesi) fu rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di
Roma, il 17 maggio 1890, nella superba interpretazione del
palermitano Roberto Stagno e di Gemma Bellincioni, e sotto la
direzione del napoletano Leopoldo Mugnone. Essa è ambientata, alla
fine del XIX secolo, in un piccolo paese della Sicilia, e fu presto
assunta come manifesto del “Verismo” musicale. Fruttò a Mascagni
il primo premio in un concorso bandito dall’editore EDOARDO
SONZOGNO, e conquisto di colpo fama internazionale.
Il successo del melodramma mascagnano,
sintesi mirabile di impeto drammatico e carica melodica, che si
effonde nelle bellissime romanze e nel celebre “Intermezzo”,
indusse Verga ad una lunga azione legale contro il musicista e
l’editore Sonzogno, al fine di rivendicare i propri diritti
economici. Al termine della vertenza, egli incasso la considerevole
somma di 143.000 lire!
Nell’ultimo ventennio della sua vita,
lo scrittore si ritirò definitivamente a Catania e, nella sua villa
di ricco possidente a riposo, ridusse sempre più l’attività
letteraria.
Visse l’inizio del nuovo secolo
appartato, chiuso in una tetraggine di conservatore, restio ad ogni
novità della vita sociale,, ossessivamente preoccupato
dell’amministrazione del proprio patrimonio, spesso tormentato da
risentimenti personali e da cattivi umori.
Fu nominato senatore nel 1920.Colpito
poco dopo da trombosi cerebrale, morì a Catania il 27 gennaio 1922.
Wanda Gianfalla Anselmi
Pescara Maggio 2016
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